Il fumo e l’anima delle cose … psicosomatica e sigarette!

   
 

I primi europei a incontrare il tabacco furono i marinai di Cristoforo Colombo che, sbarcati sull'isola di San Salvador, videro gli indigeni tenere in mano "un carbone ardente, costituito da foglie di buon odore...Erano foglie secche avvolte in una larga foglia a sua volta essiccata. Erano simili a piccoli moschetti... a una estremità erano accesi, all'altra la gente succhiava bevendo fumo". I popoli delle civiltà precolombiane fumavano già nel 5000 a.C. e usavano il tabacco a scopi rituali, servendosi di piante ad alto contenuto di nicotina che producevano in breve tempo uno stato di semi incoscienza.

In Europa il tabacco arriva nel 1518 con il nome di "yerba santa", grazie ad un missionario spagnolo che ne regalò alcuni semi al futuro imperatore Carlo V.

Pochi anni dopo Jean Nicot, ambasciatore francese a Lisbona, spedì la polvere di tabacco in patria per alleviare le emicranie di Caterina de Medici e curare una quantità di altri malanni, tra cui la gotta e il mal di denti.

All'epoca, le qualità mediche dell' "erba santa" erano famose. Sul finire del 1500 il cardinale Niccolò Tornabuoni la portò in Toscana, dove riscosse un tale successo da costringere Papa Urbano VIII a scomunicare tutti i fumatori...

L'erba santa però non veniva soltanto fumata, ma anche bevuta sotto forma di infuso, aspirata, succhiata, leccata, mangiata e persino iniettata per via anale a mo' di clistere, per permettere un immediato assorbimento dei principi attivi nella circolazione sanguigna, evitando l'apparato digestivo e gli spiacevoli effetti che potevano colpirlo.

Nel corso dei secoli però si è andato consolidando sempre di più l'utilizzo pressoché esclusivo del tabacco da fumo soprattutto sotto forma di sigaretta.

Dopo aver goduto per secoli di fama benefica e diffusione universale, oggi il fumo di tabacco sembra essere diventato nell'immaginario occidentale l'incarnazione stessa del male, mentre il fumatore viene considerato un pericoloso fuorilegge, un terrorista che attenta alla salute pubblica e privata.

Basta accendersi una sigaretta per ricevere occhiate di disprezzo o di commiserazione, accompagnate dall'immancabile sermone sull'incoscienza di cui si sta dando prova.

Magari da persone che ingoiano farmaci e psicofarmaci di ogni genere, mangiano solo hamburger a colazione e bevono quantità esagerate di superalcolici.

La salute, infatti, è solo un pretesto per un processo di demonizzazione del fumo, che in sé è nocivo al pari di molte altre cose. Ma allora perché proprio il fumo ?

Nella tradizione alchemica l'elemento fuoco rappresenta lo spirito delle cose, il fumo la loro anima e, nonostante la loro diversità apparente, risultano indissolubilmente uniti nella loro azione reciproca.

Il fumo, velato, immobile come un soffio, avvolgente come un grembo materno, è sinonimo del principio femminile. Il fuoco, principio maschile per eccellenza, è un condensato di energia che si sprigiona con forza improvvisa.

Come il maschile e il femminile delle reazioni alchemiche, fuoco e fumo rappresentano i complementi da cui nasce la Grande Opera, in cui si cimenta simbolicamente il fumatore ogni volta che, portando una sigaretta alle labbra, si prepara a darle fuoco.

Il fumo rappresenta l'essenza che si esprime dall'incontro tra la fiamma e la materia, e la dimensione sottile di questo rapporto ci proietta in un'atmosfera carica di metafore aeree sfumate, collegate al tema dell'ascesa verso l'alto. In tutte le culture il fumo è sempre stato associato all'immagine di relazione tra Cielo e Terra ed è proprio questa atmosfera sottile che ci avvolge, ci calma, ci rilassa, allontana lo stress, perché ripropone in questo senso l'esperienza primaria di gratificazione del bambino attaccato al seno materno.

Fumare, quindi, esprime il bisogno di incontrare il proprio mondo emotivo con tranquillità e controllo che si trasformano in lucidità e concentrazione.

Non si fuma mai per caso, né si maneggiano sempre allo stesso modo sigarette ed accendino. Tra le nuvole azzurrognole si nascondono i tratti più intimi della nostra personalità.

E' possibile raggruppare in due categorie generali i motivi per cui un individuo è spinto a fumare.

La prima motivazione è di tipo sensoriale, legata al gusto, all'odore e al tatto: la sigaretta avvicinata alle labbra richiama l'immagine materna che nutre, consola, a cui ci si può aggrappare nel momento del bisogno.

In questo caso fumare è un atto legato al piacere orale prodotto dalla stimolazione di una precisa zona erogena: la bocca.

La seconda motivazione è di tipo sociale e chiama in gioco il principio di identità collettiva, l'idea e la possibilità di appartenere a un gruppo attraverso un gesto caratteristico e distintivo in cui ci si identifica. Per l'uomo, spesso, può significare virilità, coraggio, potenza, per la donna può essere espressione di modernità, disinvoltura e trasgressione.

Questo è particolarmente vero nell'incontro iniziatico con la prima sigaretta, che viene fumata in una età di passaggio e trasformazione: l'adolescenza.

Può rimanere l'unica per tutta la vita o essere seguita da altre, ma in quel particolare momento esistenziale evolutivo si carica di un significato che perderà in seguito, legato al desiderio di crescere, di poter fare le cose dei grandi, anche e soprattutto quelle proibite.

Non a caso il coraggio per trasgredire lo si trova stando in gruppo, come non è un caso che la prima sigaretta venga fumata insieme ai compagni di classe mentre si chiacchiera durante l'intervallo, tra gli amici del cuore o nei pomeriggi festivi.

Iniziare a fumare significa, quindi, poter condividere un'esperienza che ha il sapore della trasgressione, della sfida e della ribellione verso gli adulti, in particolare i genitori che possono permettersi di tutto e quindi anche di dettare legge.

Il vissuto dei compagni in merito alla condivisione della prima sigaretta è carico di significati: fumandola si va al di là del bene e del male, ci si sente forti, autonomi e ormai pronti ad affrontare tutte le prove della vita.

Dr. Angelo Carli

 
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Stress ossidativo e prestazione sportiva

ciclismo

 

Come detto in un precedente articolo (“Stress ossidativo”), è uno stress chimico, indotto nel nostro sistema da uno squilibrio fra la produzione e l’eliminazione di una serie di agenti ossidanti, fra i quali si ricordano i radicali liberi.

E’ caratterizzato da un meccanismo di danno cellulare dovuto ad un eccesso di sostanze chimiche definite radicali liberi. Questi ultimi sono una qualsiasi specie chimica, atomo o molecola, di natura organica o inorganica, che avendo elettroni spaiati nei suoi orbitali, tende ad accoppiarli, cedendone o acquistandone, per eliminare la situazione di disaccoppiamento. Ciascun radicale libero tende a raggiungere una conformazione più stabile attraverso reazioni di ossidazione o di riduzione, che possono provocare notevoli danni all’organismo.

Nel corso della vita si subiscono molteplici attacchi da parte delle sostanze ossidanti che mettono a repentaglio il buon funzionamento del sistema.

Gli organismi hanno sviluppato una serie di sistemi di difesa contro le specie chimiche reattive e le specie reattive dell’ossigeno (ROS), che sono potenzialmente lesive. Questi sistemi si chiamano antiossidanti. Questi possono essere endogeni (glutatione, superossidodismutasi), quindi prodotti dal nostro organismo o essere esogeni (vit. A, vit. C, vit. E) e quindi introdotti con gli alimenti.

Gli sportivi in generale, maggiormente quelli sottoposti ad alta intensità di attività fisica, sono sottoposti ad importanti “attacchi” da parte dei radicali liberi. Infatti l’attività fisica accresce la produzione di radicali liberi, un esempio fra tutti, l’aumento della produzione di acido lattico.

La medicina dello sport è interessata a quest’aspetto, in quanto sostanze ossidanti provocano un recupero più lento con notevole peggioramento della performance e l’instaurarsi di problematiche come il dolore muscolare, che sembra imputabile alla maggior produzione di radicali liberi.

L’esercizio fisico può essere aerobico ed anaerobico. Il primo è quell’attività fisica in cui l’utilizzo dell’ossigeno diventa parte determinante delle reazioni biochimiche, insieme agli zuccheri, glicidi ed ai grassi, lipidi. Sono tutte quelle attività sportive determinate da sforzo prolungato: ciclismo, sci di fondo, podismo ecc.
L’attività anaerobica è un’attività ad alto carico di sforzo ed ad alta intensità. E’ eccellente per aumentare la forza muscolare e la massa muscolare. L’organismo in questa condizione si pone in debito di ossigeno, in quanto consuma più ossigeno di quello che assume. Questo condiziona la durata che non potrà essere prolungata.

Nell’attività fisica, specialmente quella aerobica, i processi di ossidazione interessano non solo le fibre muscolari scheletriche (muscolatura volontaria), ma anche il connettivo dell’apparato locomotore. Anche le cellule della linea bianca, quella predisposta alla difesa immunitaria, ed i globuli rossi, andranno incontro a riduzione i primi e a modica distruzione i secondi.  Questo implicherà potenziali traumi o lesioni infiammatorie o si potranno riscontrare problematiche infiammatorie a carico di distretti legamentosi o periarticolari. O ancora maggiori predisposizioni  a malattie infettive o a ridotta ossigenazione a carico del sistema muscolo-scheletrico.

Quanto detto sinora evidenzia che chi pratica sport dovrebbe periodicamente sottoporsi alla valutazione dello stesso ossidativo, al fine di migliorare e personalizzare il proprio programma di allenamento.

Importante porre l’accento che sì, ci sarà una maggiore produzione di sostanze ossidanti, ma vi è una maggiore risposta difensiva da parte dell’organismo, concetto apparentemente contradditorio, ma in realtà si è visto da recenti studi che chi fa attività fisica in maniera abituale, sia a livello amatoriale che professionale, presenta livelli più ridotti  di ROM (metaboliti reattivi dell’ossigeno) rispetto alla popolazione generale. Questo è probabilmente dovuto ad un bilanciamento ottimale fra quanto viene prodotto e quanto viene eliminato. I livelli di ROM durante l’attività fisica aumentano, rispetto ai valori basali, quelli cioè misurati a riposo. Più in generale, gli sportivi adeguatamente allenati mostrano valori di ROM più bassi di quelli di persone che non sono allenati e che, probabilmente hanno un sistema di difesa nei confronti degli ossidanti meno efficace. Si è anche osservato che i livelli di ROM sono direttamente correlati all’intensità dell’attività fisica. Importante sottolineare che gli atleti sottoposto a trattamento antiossidante, mostrano una più rapida capacità di recupero dei valori basali dopo lo sforzo intenso.

E’ importante considerare che una attività sportiva condotta in maniera corretta migliora la qualità della vita e contribuisce a riduzione della mortalità e morbilità, mentre un’attività fisica non corretta può alterare l’equilibrio ossidativo e quindi predisporre, banalmente, ad un precoce invecchiamento o a patologie ben più gravi, da stress ossidativo, quali l’infarto miocardico, l’ictus, l’obesità.

E’ importante ribadire quindi che chi pratica attività sportiva è bene che si sottoponga a valutazione globale dello stress ossidativo. Le misurazioni dello stress ossidativo permettono di valutare l’eventuale necessità di modificare il regime di allenamento, quello alimentare e lo stile di vita degli atleti. Saranno poi comunque necessari ulteriori studi per approfondire ulteriormente l’argomento.

 Dr.ssa Monica Viotto

 

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EMOCROMO - ESAME EMOCROMOCITOMETRICO

Definizione
Il test indica la quantità dei diversi tipi di cellule presenti nel sangue (piastrine, globuli bianchi o leucociti, globuli rossi o eritrociti), l'ematocrito (la percentuale in volume della parte corpuscolata del sangue separata dal plasma), la quantità di emoglobina, il volume globulare medio (cioè la grandezza media dei globuli rossi), il contenuto medio di emoglobina del globulo e la sua concentrazione media.

Significato
E' il test più importante dell'anemia, segnalata innanzitutto dal valore dell'emoglobina: se questo scende sotto i 14 g/dl nell'uomo, 12 g/dl nella donna e i 10,5 g/dl nella gravida e nei lattanti, il soggetto è anemico. I valori degli altri parametri permettono di meglio definire il tipo di anemia. In particolare, se il contenuto emoglobinico globulare medio è inferiore al 27 pcg e/ o la concentrazione media è inferiore a 32 si parla di ipocromia, e se questa è abbinata a un tasso di ferritina basso, la causa è una carenza di ferro (il 40% delle anemie ha questa causa). L'ipocromia abbinata a una ferritina normale o superiore alla norma e a una sideremia bassa, indica che si tratta di un'anemia causata da un'infiammazione (un altro 40% dei casi).

Valore normale
Eritrociti, da 4 a 6,2 milioni/mm3; leucociti, da 4.000 a 10.000/mm3; piastrine,da 150.000 a 350.000/mm3; emoglobina, 12-16 g/dl (donne); 14-18 g/dl (uomini); ematocrito: 35 - 47 (donne); 40-54 (uomini); volume globulare medio: da 80 a 100 micron cubi; contenuto emoglobinico globulare medio, 24-34 pcg; concentrazione emoglobinica globulare media, da 32 a 36 su 100.

Modalità di esecuzione
Su campione di sangue.

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ESTRADIOLO

(17-beta estradiolo)

Definizione
L'estradiolo è il principale ormone estrogeno prodotto dalle ovaie durante il ciclo.

Significato
Una riduzione dei livelli in circolo di questo ormone indica una ridotta funzionalità delle ovaie. Tuttavia per capirne la causa è necessario il dosaggio di altri ormoni (ormone follicolo stimolante o FSH).

Valore normale
I valori normali del 17-beta estradiolo variano a seconda della fase del ciclo mestruale. Nella fase follicolare, 50-70 ng/l; picco ovulare, 200-400 ng/l; fase lutea, 100-150 ng/l. In menopausa, cioè quando le ovaie interrompono il loro funzionamento, il valore normale scende a 15-20 ng/l.

Modalità di esecuzione
Su campione di sangue.

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