La psoriasi è un’affezione ad andamento cronico recidivante che abitualmente si manifesta con chiazze eritematose ricoperte da squame asciutte più spesso localizzate al capillizio, ai gomiti e alle ginocchia. La malattia è presente in tutto il mondo e in tutte le razze e non ha predilezione di sesso. La sua incidenza è peraltro minima negli indiani americani, molto bassa nei soggetti di razza nera e negli orientali e variabile dall’1 al 3% nei caucasoidi. In questi ultimi le variazioni in aumento nell’incidenza sembrano in stretto rapporto con la diminuzione dell’insolazione ambientale. La sintomatologia può essere presente già alla nascita o manifestarsi solo in età avanzata, ma nella maggior parte dei casi compare nel terzo decennio di vita. Numerosi sono i dati a favore di una trasmissione ereditaria della psoriasi. In primo luogo circa un terzo dei pazienti ha uno o più consanguinei portatori dell’affezione. In secondo luogo la malattia si manifesta mediamente nel 10% dei figli di una coppia in cui uno dei genitori è affetto, ma nel 50% dei figli di una coppia in cui entrambi i genitori sono affetti. Inoltre la concordanza fenotipica è del 30% nei gemelli eterozigoti ma sale al 60% nei gemelli omozigoti. Sul piano patogenetico l’alterazione caratteristica della malattia è probabilmente da individuarsi in un accelerato turnover epidermico. In sedi apparentemente indenni infatti la cute psoriasica si riproduce con una rapidità due volte maggiore della cute normale e a livello delle chiazze la riproduzione avviene in soli 2-4 giorni, ossia è enormemente accelerata. Le basi molecolari di questo difetto genetico sono state individuate in un’alterata funzione degli oncogeni endogeni che presiedono al controllo del ciclo cellulare. La comparsa della chiazza psoriasica sarebbe peraltro la conseguenza dell’instaurarsi di fenomeni flogistici (=infiammatori) con attivazione dei linfociti residenti, delle cellule di Langerhans e degli stessi cheratinociti e conseguente liberazione di linfochine. Queste ultime, oltre a essere responsabili dell’edema, della vasodilatazione capillare e dell’afflusso di granulociti neutrofili, sono infatti in grado di modulare anche l’espressione sulla membrana delle cellule epidermiche dei recettori per i fattori di crescita. Il persistere della flogosi (=infiammazione) sarebbe poi in grado di mantenere costante lo stimolo iperplastico a livello di una chiazza psoriasica già costituita. Nel 40% dei soggetti psoriasici nuove lesioni compaiono in sedi sottoposte a traumi e questo fenomeno da lungo tempo conosciuto viene detto segno di Koebner. E’ anche probabile che microtraumi ripetuti possano facilitare il mantenimento delle lesioni stesse, il che spiegherebbe la frequenza di localizzazioni al capillizio, ai gomiti, alle ginocchia e alle mani. Si può manifestare però anche nell’area genitale e lombo-sacrale. Pure da tempo è nota l’importanza di infezioni delle vie aeree superiori sostenute dallo Streptococcus pyogenes nel condizionare episodi eruttivi nei bambini psoriasici, episodi che si manifestano nel 50% dei casi dopo un periodo di latenza di 2-3 settimane. È inoltre risaputo che la psoriasi (forma guttata) è spesso preceduta da infezioni di Streptococco ?-emolitico, e in alcuni casi da infezioni da virus di varicella-zoster. Più incerta è l’importanza di eventi stressanti, mentre una esarcebazione della malattia può osservarsi per assunzione di certi medicamenti come il litio, i betabloccanti, gli interferoni e gli antimalarici di sintesi. La sua comparsa è stata messa in relazione anche a scottature solari e ad avvelenamento da edera velenosa. L’affezione si manifesta con chiazze eritemato-desquamative, con alterazioni ungueale e /o con lesioni di tipo pustoloso. Il colore è rosso vivo anche nelle lesioni di lunga durata, ma l’eritema è spesso mascherato dalla presenza di squame. Esse sono biancastre, lamellari, polistratificate. Altro elemento importante per la diagnosi corretta è l’orletto pseudo-atrofico di Voronoff, alone biancastro rilevabile alla periferia delle chiazze in regressione. Esistono peraltro diverse forme di psoriasi da quella pustolosa a quella eruttiva, da quella invertita a quella eritrodermica. La trattazione sarebbe molto specifica e complicata, per cui si rimanda per l’approfondimento ad un buon testo di dermatologia o al colloquio e alla visita con il dermatologo. Si consideri, infine, che il decorso della malattia è estremamente variabile da caso a caso. Esistono soggetti che presentano uno o più episodi eruttivi e restano in seguito per anni o per tutta la vita liberi da lesioni. In altri casi le manifestazioni iniziali sono poche ma regrediscono con difficoltà e con il tempo lentamente si ingrandiscono, si moltiplicano e possono generalizzarsi. Le lesioni quando guariscono non lasciano cicatrici e non disturbano la crescita dei peli. Va ricordato che non è una patologia contagiosa! Nel caso di forme generalizzate di psoriasi, a volte si ricorre a terapie sistemiche. Queste includono fototerapia con UVB, oppure con UVA e psoraleni (fotochemioterapia o PUVA terapia). In Italia sono presenti l’ASNPV, Associazione Nazionale per la tutela del malato di Psoriasi e Vitiligine Onlus, l'ADIPSO, associazione no profit che da anni lotta per la difesa dei diritti del malato psoriasico, inoltre è sorta la federazione FEDIPSO che riunisce alcune fra le più conosciute associazioni di pazienti psoriasici. La medicina naturale e nel nostro caso la fitoterapia può essere molto utile nel trattamento della psoriasi. Prima di tutto i consigli alimentari che raccomandano di evitare i grassi (latte, panna, burro, uova), lo zucchero, gli alimenti conservati in scatola, la farina bianca e gli agrumi. L’olio di pesce e quello di enotera interferiscono con la produzione e l’immagazzinamento di acido arachidonico, una sostanza naturale infiammatoria che aggrava le lesioni della psoriasi arrossandole e gonfiandole. Motivo per cui è meglio evitare carne rossa e prodotti caseari. La dieta deve essere costituita da un 60% di alimenti crudi. Sono importanti gli oli derivati dai semi di sesamo, di lino e di soia. L’applicazione di acqua di mare sulle zone colpite , usando un batuffolo di cotone è da eseguire più volte al giorno e dà parecchio sollievo. L’olio di semi di lino ha prodotto in molti casi risultati efficaci: esiste anche in pastiglie o capsule da prendere come integratori di acidi grassi insaturi e per prevenire la disidratazione. Lo zenzero è invece indicatissimo per il bagno: aggiungerne due cucchiaini nella vasca dà molto sollievo. Nelle forme più semplici, di minima estensione e di recente insorgenza, si utilizza con successo l’associazione di estratti di Uncaria tormentosa e Boswellia serrata. Anche le tinture madri associate di Fumaria officinalis e di Viola tricolor han dato discreti risultati. Se è presente uno stato dismetabolico è opportuno associare sempre Cynara scolimus in estratto secco e Taraxacum officinale in tintura madre. Rimedi complementari di provata utilità sono l’integrazione di vitamina A e di vitamina E. Più recentemente sono state introdotte nella terapia della psoriasi altre piante medicinali, fra le quali spiccano per l’efficacia l’Aloe vera gel (Vogler,1999) e l’estratto di Mahonia aquifolium. Un’altra pianta medicinale, conosciuta in Madagascar per la sua attività eudermica ed indicata per il trattamento della psoriasi è la Centella asiatica, in Europa già conosciuta come ottimo flebotonico e per la cura delle insufficienza venosa e delle emorroidi. Per uso esterno buoni risultati li dà l’Elicriso (estratto fluido al 10% in crema base), ma anche la Silimarina, complesso molecolare estratto dal Cardo Mariano, indipendentemente dall’attività farmacologica esplicata sull’epatocita, ha dimostrato una specifica inibizione dell’AMP-ciclico-fosfodiesterasi già a bassissime concentrazioni, con impiego per uso esterno nella cura della psoriasi (Koch,1985). Recenti lavori indicano che la Silimarina possiede anche un azione antiflogistica a livello cutaneo, dimostratasi capace di ridurre molto la dermatite poiché antagonizza la flogosi del derma neutralizzando i radicali liberi dell’ossigeno, la cui responsabilità nei processi infiammatori è ben conosciuta. | ||
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