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Al giorno d’oggi, ha corso un approccio psicosomatico il quale:
1) si propone idealmente quale sintesi, nei confronti di un singolo malato, di tutte le informazioni provenienti da fonti diverse quale prassi integrativa che supporterebbe, nel medico, la capacità di assimilare informazioni ottenute con metodi diversi (esami clinici e di laboratorio; osservazione del rapporto medico-paziente, delle espressioni psichiche del malato, valutazione delle informazioni ricavate dall’ambiente immediatamente circostante e più ampio). I lavori di M.Balint in Francia e tra i suoi allievi, di M. Sapir patrocinano uno stile di prassi che si propone di considerare l’essere umano malato nella sua totalità anziché una malattia isolata dal suo contesto psicologico e sociale (famiglia, ecologia,condizioni socioeconomiche e culturali).
2) Dovrebbe costituire una specializzazione nell’ambito della quale equipe interdisciplinari (formate da medici somatici e da psicologi, sociologi, antropologi, psicoanalisti) collaborerebbero nella ricerca intesa a raccogliere, col ricorso a metodi diversi, un certo numero di conoscenze e informazioni. In questo senso, è lecito parlare di una disciplina medica che, pur definendosi “medicina psicosomatica”, sarebbe idealmente destinata a fondersi con la medicina tutta quanta nella misura in cui le ricerche mediche andranno via via inglobando i fattori psicologici. Nell’attesa, e tenendo conto delle specializzazioni esistenti all’interno della medicina, il sussistere di un ambito specializzato che mette l’accento sulla importanza delle indagini sulle interazioni tra psiche e soma permane legittimo. E’ una modalità d’approccio che svolge e svolgerà un ruolo di primaria importanza nella regolamentazione dei rapporti tra il malato e l’équipe curante ( medicina privata e ospedaliera).
Per quanto riguarda le relazioni tra medicina psicosomatica e psichiatria, ricordiamo che la tradizionale distinzione tra isteria (= quadro pervasivo di emotività eccessiva e di ricerca di attenzione) e ipocondria (= distorsione delle normali sensazioni che provengono dall'interno del corpo, erroneamente interpretate come sintomi di malattia) da un lato, e malattie psicosomatiche dall’altro può avere una funzione pratica. Nelle nevrosi, come appunto l’isteria e l’ipocondria, le turbe psicopatologiche si collocano in primo piano. L’isteria coinvolge il corpo mediante sintomi di conversione, turbe a carico della muscolatura volontaria e varie afferenze sensoriali. Allo stesso modo, la ipocondria esprime, per il tramite di percezioni differenti del corpo, angosce che mascherano una struttura depressiva spesso grave, nel registro degli stati limite. Nella depressione e nella nevrosi da angoscia, si hanno del pari turbe psichiche concomitanti, dove però le turbe psicopatologiche occupano sempre il proscenio.
Sotto questo profilo, la nevrosi da angoscia, la depressione, l’isteria e l’ipocondria sono anche malattie psicosomatiche, ancorchè tradizionalmente rientrino secondo i trattati di psichiatria, nel capitolo delle nevrosi. [ Haynal – Pasini, 1979]
A parte le nevrosi, noi incontriamo nella medicina psicosomatica delle malattie psicofunzionali in generale espressione dell’angoscia, dello stato depressivo e delle malattie psicosomatiche propriamente dette, nel senso che queste ultime sono le malattie a eziologia multifattoriale con una partecipazione psichica di maggior rilievo.
L’esperienza emozionale è un fatto psichico e psicosomatico; nel caso di emozioni abortite o fruste le quali non si esprimano che tramite il mutamento di qualche parametro corporeo, l’emozione può non giungere al livello della coscienza.
Una prospettiva longitudinale del corso dell’esistenza permette di constatare che l’incidenza delle malattie di tipo nevrotico e psicosomatico aumenta in periodi di mutamento, e ciò perché ogni cambiamento esteriore rimette in discussione l’equilibrio acquisito ed esige un adattamento personale che pone l’individuo di fronte all’esperienza della perdita. [codesta connessione è del resto confermata dalla più elevata frequenza di malattie psicogene e psicosomatiche in caso di lutto per la perdita di una persona considerata importante.]
Infatti, lo svezzamento, l’ingresso a scuola, l’adolescenza, il matrimonio, la nascita del primo figlio, la crisi della menopausa e infine l’età del pensionamento, costituiscono fasi di vulnerabilità accresciuta.
Dr. Angelo Carli
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